CISTI-FISTOLA SACROCOCCIGEA O PILONIDALE
DEFINIZIONE È una patologia dell’adolescenza, età nella quale si presenta con frequenza maggiore nei maschi rispetto alle femmine (rapporto di 3:1). Predilige i soggetti irsuti, di carnagione scura.
Insorge nella regione della piega interglutea e non ha alcun rapporto con l’ano ed il canale anale.
Le teorie più accreditate sulla origine della cisti sacro-coccigea sono di 2 tipi:
- Teoria Congenita: permanenza nella piega interglutea di un residuo embrionale che potrebbe determinare la formazione della cisti. Ad oggi è la meno accreditata.
- Teoria Acquisita: la malattia deriverebbe da un’infiammazione dei follicoli piliferi della regione sacrale, che a seguito di traumatismi locali quali lo sfregamento, possono essere inglobati nel sottocute, determinando prima la formazione di cisti e, successivamente alla sovra-infezione di questa, ad una fistola.
SINTOMI I sintomi sono diversi a seconda della fase in cui la patologia viene riconosciuta (acuta o cronica). All’inizio la cisti sacro coccigea si presenta come una piccola tumefazione sottocutanea che provoca vago senso di fastidio locale.
Può avvenire una sovra-infezione della cisti che conseguentemente si trasforma in un ascesso (fase acuta): la cute della regione diventa arrossata ed estremamente dolente; può fuoriuscire del pus ed esservi un rialzo febbrile.

In fase cronica, si noteranno, nella piega interglutea, dei piccoli forellini (detti “pits”) dai quali a volte fuoriescono peli e liquido siero-purulento. Questa fase è nota anche come Fistola Sacro-Coccigea. Si tratta in ogni caso di una patologia molto invalidante in termini di qualità di vita e che comporta frequenti assenze dalla scuola e dal lavoro in una età, come quella in cui questa patologia è più frequente, in cui si è molto attivi


DIAGNOSI La diagnosi si basa esclusivamente sulla visita in quanto i dati cliniche sono molto caratteristici. Se la vicinanza di alcuni orifizi della fistola sacro-coccigea con l’ano fa sorgere il dubbio che si tratti di una fistola anale, potrà essere necessario eseguire una ecografia trans-anale o una Risonanza Magnetica.
TERAPIA Il trattamento della cisti sacrococcigea è solo chirurgico. Esso varia a seconda della fase di presentazione.
In fase acuta (ascesso sacro-coccigeo) l’intervento consisterà solo nel drenaggio del pus, rimandando l’asportazione del processo patologico ad un momento di quiescenza dello stesso.
In fase cronica sono possibili diverse opzioni tra cui si sceglie in base a diversi fattori quali dimensioni della cisti, estensione delle ramificazioni secondarie, presenza di infiammazione-infezione subclinica, malattia primitiva o recidiva, conformazione anatomica locale del paziente.
- Asportazione ampia del tessuto cutaneo e sottocutaneo comprendente tutti gli eventuali tramiti fistolosi. In relazione alla situazione locale (presenza o assenza di infezione) ed alla estensione della malattia, la ferita potrà essere lasciata aperta (Tecnica aperta) oppure suturata con punti (Tecnica chiusa). Quando il solco intergluteo è, per ragioni costituzionali particolarmente infossato comportando quello sfregamento che è riconosciuto causa della patologia (e quindi della possibile recidiva), si è soliti attuare una sutura con Plastica cutanea “a lembo”: essa consente di “elevare” il solco gluteo (cosiddetto “cleft lift”).
- Tecnica di Bascom-Gips (tecnica talvolta definita “Israeliana”) che consiste in una sorta di “carotaggio” del tessuto infiammatorio cronico o fibrotico della cisti e delle sue ramificazioni fistolose e degli orifizi esterni (cosiddetti “pits”).

- Tecnica SiLaT (Sinus Laser Treatment). La tecnica consiste nella distruzione selettiva della cisti e dei tramiti fistolosi (risparmiando il tessuto sano circostante) attraverso l’energia Laser. Questa è erogata da uno specifico generatore in doppia lunghezza d’onda (1470 nm – 980 nm) e ad una specifica potenza di 10 W e viene condotta da una fibra ottica. Essa viene introdotta nella cisti principale e poi guidata in tutte le ramificazioni che da essa si dipartono. L’energia-laser rilasciata distrugge tutti i residui patologici, l’eventuale epitelio neoformato ed esplica una azione sterilizzatrice. La luce laser è appositamente calibrata per avere una penetrazione nei tessuti non superiore ai due millimetri: ciò garantisce, unitamente alle specifiche lunghezze d’onda di lavoro, che i tessuti sani circostanti non vengano danneggiati.
