Il prolasso rettale è la “introflessione” del retto all’interno di sé stesso. Questa alterazione anatomica può provocare un complesso di sintomi che va sotto il nome di “Sindrome da Defecazione Ostruita” (ODS -Obstructed Defecation Syndrome-): stitichezza con necessità di spinte eccessive ed aiuto manuale (digitazioni endoanali), sensazione di evacuazione incompleta.
Esistono diversi livelli di gravità del prolasso. A volte esso è così importante da protrudere al di fuori dell’ano: in tal caso si parla di prolasso esterno. In casi meno importanti, la parete del retto prolassante si “impegna” nel canale anale: cosiddetta intussuscezione retto-anale. Queste forme possono essere trattate con degli interventi per via perineale: rispettivamente con l’intervento di Delorme o l’intervento d Altemeier (prolasso esterno) e l’intervento di EndoRectal ProctoPexy (ERPP) detto anche intervento di Delorme interno (per a descrizione più dettagliata di questi interventi lettore alle pagine dedicate, ai consensi informati e alla lettura scientifica in merito).
Nelle forme “iniziali” di prolasso del retto cioè di “intussuscezione retto-rettale”, un approccio perineale non è possibile. In questi casi si adotta la soluzione per via addominale: la rettopessi per via laparoscopica.
Esistono diverse varianti di questo intervento, descritte in letteratura, ma quella che si è affermata maggiormente per la sua efficacia e sicurezza è la cosiddetta Rettopessi ventrale laparoscopica sec D’Hoore. Attraverso delle piccole incisioni sulla parete addominale di circa 1 cm (laparoscopia), viene mobilizzato il retto dalla pelvi (cioè la parte più bassa del bacino dove è collocato il retto); ciò viene eseguito solo anteriormente al retto (ecco perché si parla di “ventrale”): in questa maniera si rimane lontano dalle fibre nervose che innervano l’intestino ed i genitali e si evitano possibili complicanze con stipsi di nuova insorgenza e disturbi urinari e/o sessuali. Una protesi (rete) viene assicurata con dei punti di sutura sulla parete anteriore del retto e sarà poi ancorata all’ osso sacro. Il risultato finale sarà il sollevamento del retto dalle pelvi, evitandone l’intussuscezione e ripristinando una normale anatomia e funzionalità.
La rettopessi ventrale è un intervento che viene sempre più eseguito in questi ultimi anni, perché potendolo eseguire in laparoscopia, comporta un minimo trauma per il paziente e, come si è detto determina pochissime complicanze. I risultati sono molto postivi con risoluzione della defecazione ostruita nel 70-80 % circa dei casi.
Inoltre andando ad isolare il retto anteriormente e quindi nello spazio tra retto e vagina (cosiddetto setto retto-vaginale), è possibile sospendere con la rete anche la cupola vaginale e quindi risolvere contemporaneamente al prolasso del retto anche un eventuale prolasso utero-vaginale.
Come già discusso, vi è indicazione al trattamento chirurgico di prolasso del retto con la tecnica sopra descritta solo se quello medico-conservativo (basato sulla correzione delle abitudini dietetiche e sull’utilizzo di eventuali lassativi) e quello riabilitativo (basato sulla correzione della dinamica del pavimento pelvico) sono falliti, e dopo un attento studio pre-operatorio che abbia escluso altre contro-indicazioni.